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La nave dei folli
  Traduzione: Susanna  Probst

 

1    L'arrivo

Un giorno, dopo un lungo viaggio, la nave dei Folli approdò nelle acque di un porto.
"Che paese è questo?" domandarono i Folli.
"Siete giunti in Svizzera!" esclamarono in coro gli abitanti. "Venite a terra!".
"Volentieri, ma la città sembra molto popolata..." replicarono i Folli, "siete sicuri che vi sia posto anche per noi?" 
"Che domande! E se di posto non ce ne fosse, potremmo sempre costruire case nuove. Ma voi, chi siete e da dove venite?"
"Noi siamo i Folli che credono alle cose ridicole".
"Interessante. E a cosa credete?"
"Per esempio all'amore, alla fedeltà, alla bontà e alla sincerità della gente. Come pure al vino e alla musica, al latte e al miele, al gioco e al divertimento. Ma siamo soprattutto fermamente convinti della nostra felicità!"
"E chi è quell'uomo nero?"
"Si chiama Severino ed è dei nostri poiché crede che non siamo apprezzati da nessuno".
"Suvvia!" esclamarono gli Svizzeri. "Qui siete i benvenuti!"
Severino rispose: "Ora dite così. Ma vedrete come cambieranno le cose!"
"E chi è questa giovane e bella donna, tutta vestita di bianco?"
"È la regina dei Folli, la candida Vergine, in attesa del grande Amore".


2    I bambini

"Questa vista", confidarono gli abitanti della città ai Folli, "ci riempie di tristezza".
"Come mai?" chiesero i Folli.
"Perché la vostra nave è carica di bambini, mentre qui da noi ci sono praticamente solo persone anziane. Le nostre giovani coppie sostengono di non volere bambini, tuttavia è vero il contrario: i bambini non vogliono più venire da loro".
"Non è possibile!" risposero i Folli: "Come vedete, siamo venuti con tutti questi bambini".
"Non intendiamo i bambini degli altri, bensì i nostri".
"Ah...", dissero pensierosi i Folli.
"Eh sì", sospirarono rassegnati gli anziani, "ci sentiamo tanto soli senza bambini. A volte siamo convinti che tutta questa sfortuna sia colpa nostra. Ogni giorno diventa peggio. I pochi bambini che ancora nascono nella nostra città, vedono la luce del mondo già vecchi e pieni di rughe!"
"Riflettere è sempre un buon segno", dissero i Folli, "ma ora che siamo arrivati noi avete motivo di rallegrarvi. Anche sulla nave dei Folli non nascono bambini. Essi sono saliti nei diversi porti dove ci siamo fermati. Non c'è dunque motivo di tristezza. Anzi, portateci tutti gli oggetti che non vi servono più: costruiremo una macchina della felicità".


3    La macchina della felicità

Il giorno seguente, quando la gente vide la strana macchina della felicità erigersi al centro della piazza, laddove si svolgeva il mercato, dovettero ridere. Si trattava di un'immensa costruzione che cigolava e scricchiolava senza sosta, mentre in cima si muoveva Felice lo sperimentatore - l'inventore tra i Folli - indaffarato a riparare le parti che non funzionavano più e ad aggiungere gli oggetti non più utilizzati, provenienti dall'intera città: televisori, computer, trenini elettrici, vecchi bigodini, frullatori, burattini, tricicli, frigoriferi... c'era perfino mezzo pianoforte e un albero finto che apparteneva ad un gatto ormai morto. Felice continuava ad aggiungere altri oggetti fuori uso che così si risvegliarono a nuova vita. Tutta la città si incontrava ai piedi della macchina della felicità: la si ammirava, si parlava, si rideva, si cantava, si mangiava e si festeggiava. In cima alla macchina della felicità partiva un gigantesco scivolo che snodandosi tra le viuzze della città e sorvolando i tetti delle case finiva direttamente nel mare per la gioia di grandi e piccini. Lo provarono perfino alcuni arzilli vecchietti! Infatti, chi lo usava ringiovaniva e la cosa fantastica era che funzionava davvero! In quella stessa giornata, in città ricominciarono a nascere bebè dalla carnagione liscia e rosa. Improvvisamente, numerosi bambini di tutte le età completamente dimenticati sbucarono dal nulla. Nelle aule pressoché abbandonate della scuola era tornata la vita!
In città abitavano però anche persone molto scettiche e pessimiste, caratterizzate da rughe profonde, che cominciarono ad alzare la voce, lamentandosi mentre stavano intorno alla macchina della felicità: "Puzza", dicevano, oppure: "È troppo rumorosa e caotica, non serve a nulla ed è anche pericolosa. Potrebbe crollarci addosso e ferirci".
Anche Severino, l'uomo nero, stava ad ascoltare e scrollò la testa: 
"Non funziona!"
Gli scettici e i pessimisti avevano aspettato con ansia quel momento:
"Avete sentito!" gridarono alla gente, "perfino il vostro Severino sostiene che non funziona!" Severino precisò: "La macchina della felicità non ne ha colpa, il motivo per cui non funziona siete voi!" Ma nessuno gli diede retta.

4    La battaglia marina

Come in ogni città, anche qui la gente aveva le sue preoccupazioni quotidiane.
"Fate proprio una bella vita voi", dichiararono gli abitanti preoccupati ai Folli, "nessuno vi può derubare. Noi per contro, siamo afflitti dalla paura che ci distruggano la nostra bella città e che ci portino via le nostre ricchezze. I nostri nemici sono sempre in agguato, anzi abbiamo sentito che ci vogliono attaccare proprio stanotte dal mare per mettere le mani su tutti i nostri averi".
"Chi s'assomiglia, si piglia...", risposero i Folli.
"Cosa intendete dire?"
"È semplice. Essi amano le vostre montagne alte, il vostro delizioso formaggio, i vostri laghi cristallini, i porti puliti, i villaggi e le città, in fin dei conti tutto il vostro modo di essere".
"Ma non ci amano affatto!" replicarono i cittadini.
"Forse sì. Anche se a volte non sembra davvero amore. Non temete: saremo al vostro fianco e vi aiuteremo".
"Voi?! E come volete difenderci dai loro potenti cannoni? È assolutamente ridicolo!"
"Proprio per questo ci chiamano i Folli!"

Ecco come andarono le cose: la nave dei Folli uscì al largo da sola, incontro ai nemici della città. Il mare era in tempesta e il fumo dei cannoni oscurava la vista, non si vedeva nulla. 
"Portate sul ponte tutti gli strumenti, i musicisti, i mangiafuoco nonché tutti i cuochi muniti di pentole e tegami e fate più baccano possibile" comandò il capitano della nave dei Folli. Spaventati a morte da tanto fracasso e dalle luci, gli attaccanti scapparono a gambe levate, poiché erano convinti che fosse emerso un mostro marino dalle dimensioni enormi.

In seguito, in città ci fu gran festa e perfino i massimi rappresentanti del governo vennero ad accogliere la trionfante nave dei Folli. Erano presenti anche i generali della città che si congratularono con i Folli della loro vittoria, mentre in segreto si domandavano: "Come è possibile vincere una battaglia senza utilizzare armi e cannoni? Se solo riuscissimo a convincere Felice lo sperimentatore a lavorare per noi...saremmo invincibili per sempre".
Poco dopo, Felice era scomparso. Si mormorava che alcuni uomini dai capotti lunghi e dai cappelli scuri fossero venuti a prenderlo.

5     Dov'è Felice?

I bambini della città espressero il desiderio di salpare sulla nave dei Folli. I genitori, ovviamente, non lo permisero:
"Una breve gita, d'accordo. Ma per sempre? Neanche per sogno!"
"Cosa vi avevo detto?", mormorò Severino il Nero: "Non ci vogliono bene! Avete sentito, bambini? Non ci vogliono bene. Vogliono che diventate come loro! Pensateci bene: che aspetto avrà la città una volta che saremo partiti? Scommetto che alcuni vigliacchi hanno rapito il nostro Felice". 
Poiché Felice era sparito, vicino alla macchina della felicità - da cui si staccava un numero sempre maggiore di pezzi - si stava formando una vera e propria montagna di immondizie che ora puzzava davvero. Anche i Folli non sapevano che pesci pigliare in assenza di Felice. Attraversarono la città, scongiurando chiunque: "Aiutateci a trovare Felice"! Perquisirono ogni angolo, invano. 
I saggi della città approfittarono del clima di tensione generale per comunicare che in base alle loro ricerche risultava evidente che non vi era alcun nesso tra la macchina della felicità e la nascita dei bambini. Anche lo scivolo della gioventù non serviva a far ringiovanire gli anziani: si trattava di una mera superstizione, frutto di un inganno. 
Come sempre, furono i commercianti ad averla vinta. Poiché volevano riprendere il loro mercato, ordinarono ai Folli di sgomberare la macchina della felicità dalla piazza. Restava il problema di dove depositare le parti che nessuno voleva riprendersi.

6    La liberazione

Improvvisamente, in città erano scomparsi dei bambini edera impossibile ritrovarli, nonostante fosse stato perquisito ogni angolo. Anzi, all'appello mancavano sempre più bambini. Bambini scomparsi a dozzine. I genitori, presi dalla paura e dalla disperazione, sostenuti da coloro guidati dalla rabbia, decisero di compiere un'insurrezione contro la nave dei Folli. La si voleva affondare, poiché si sospettava un legame con la scomparsa dei bambini. L'unico a protestare contro la decisione dei cittadini inferociti fu Matti, un giovane della città: "Neanche per sogno! Prima di affondare la nave dovete prendervela con me!"
Il giovanotto venne fermato da alcuni poliziotti che lo arrestarono subito. La candida Vergine, che aveva osservato la scena dalla nave, scese immediatamente a terra e corse dietro al corteo di poliziotti che aveva ammanettato Matti e lo stava portando in prigione. Cominciò a gridare a squarciagola:
"Liberatelo, liberatelo!"
I poliziotti, impegnati unicamente a fare il loro dovere, non prestarono attenzione alle suppliche della candida Vergine che li seguì fino all'entrata del carcere. Aveva deciso di aspettare davanti alla prigione fino a quando Matti sarebbe stato rimesso in libertà. Un'attesa che poteva rivelarsi molto lunga, poiché Matti era rinchiuso nella cella più buia e più lontana. 
Da questo tugurio, dove non trapelava un filo di luce, Matti udì uno strano rumore, come se qualcuno stesse pedalando su una bicicletta.
"Ehi", gridò attraverso le sbarre del portone, "c'è qualcuno lì?"
"Sono io, Felice lo sperimentatore!" fu la risposta ansimante.
"Cosa fai tu qui?" domandò Matti stupito. 
"Sono rinchiuso in questa cella e mi trovo su una vecchia bicicletta che ho trasformato in un generatore di energia. Sto pedalando a più non posso: tutta la mia energia è caricata in batterie che ho promesso di consegnare domattina presto al generale. Dopodiché, egli mi libererà. Ma tu piuttosto: chi sei e cosa fai qui?"
Sono Matteo Teodoro, ma tutti mi chiamano semplicemente Matti. 
"Perché ti hanno rinchiuso qui?" voleva sapere Felice.
"Ho cercato di impedire che gli abitanti della città affondassero la nave dei Folli".
"Non temere", gli rispose Felice, "puoi dormire tranquillo. Domani i bambini della nave dei Folli verranno a liberarti con le loro torce magiche".

In quella stessa notte, venne fatta affondare la nave dei Folli. Il giorno seguente, una nuova nave dei Folli - ancora più variopinta e originale - era ancorata nel porto cittadino. E chi si stava dando da fare in cima all'albero principale? Proprio così: Felice, lo sperimentatore.
"Come avete fatto?" continuavano a domandarsi stupiti gli abitanti.
"L'abbiamo costruita con i pezzi della macchina della felicità andata in frantumi", risposero i Folli. "Nessuno di voi voleva riprendersi questi rottami e noi non sapevamo che farcene...".

7    L'addio

Ora che gli abitanti della città avevano nuovamente numerosi bambini, la città sembrava loro diventata piccola e stretta, specialmente dopo che anche i bambini scomparsi erano tornati. Le autorità, in particolare i generali, cominciarono a temere i Folli che sembravano in possesso di doti soprannaturali: Felice era stato messo in libertà, un nuovo vascello aveva preso il posto della nave affondata, e come se tutto ciò non bastasse, i bambini della nave dei Folli avevano liberato Matti dalla sorvegliatissima torre del carcere con il solo aiuto delle loro torce magiche. Alcuni rappresentanti delle autorità cittadine si recarono dal capitano della nave dei Folli per discutere della situazione.
"Vogliamo la pace", cominciarono, "e siamo grati di tutto quello che avete fatto per noi. Saremmo tuttavia contenti se ora ve ne andaste: qui non c'è posto per tutti noi".

"Benvenuti a bordo", li invitò il capitano, "sulla nostra nave c'è posto per tutti". 
"Pensate davvero che su questa piccola nave vi sia spazio sufficiente per tutti?" 
"Certo, venite a vedere!" rispose il capitano.
Infatti, era proprio così: sulla nave, le cui dimensioni superavano a malapena quelle di una vasca da bagno, lo spazio abbondava, ognuno si muoveva liberamente e nessuno si lamentava. Quando i cittadini scesero nuovamente sulla terraferma, erano perplessi: 
"È stato molto carino da parte vostra invitarci a condividere la vostra nave. Tuttavia, noi non crediamo alla magia...".
Alla fine, i Folli lasciarono la Svizzera, carichi di regali. Il variopinto vascello con a bordo gli originali abitanti levò l'ancora in una splendida mattina di sole. La nave dei Folli salpò e i cittadini la salutarono con un impetuoso applauso. Maestosamente la nave scivolò sull'acqua luccicante, accarezzata dai primi raggi di sole, diventando sempre più piccola, fino a scomparire. Da lontano, si udiva il canto dei Folli. Stavano cantando la loro canzone preferita, "La nave va, piena di topolini". La testo narra appunto di un'allegra combriccola di topolini che grida continuamente: "La nave va!", ma quando gli si chiede: "E dove va la nave?" essi rispondono sempre: "Nessuna idea: la nave va!" Una canzone molto divertente. Anche Severino si unì al coro, come del resto quasi l'intera città. 
L'unica a piangere fu la candida Vergine che aveva trovato il grande amore, il giovanotto Matti, e per questo era rimasta in città. Era triste: la nave dei Folli le mancava. Matti e la candida Vergine si sposarono; non passò molto tempo e il loro salotto era pieno di bambini. Ora avevano una nave di Folli in casa e ovunque essi andavano: se la portavano nel cuore.

 
     
 

 

 

 

   

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